Il confronto tra le forme del nuovo giardino “paesaggistico” all’inglese e quelle del tradizionale giardino “formale” all’italiana, quale si era andato sviluppando in Europa nel corso del Settecento, è recepito nell’ultimo scorcio dello stesso secolo da un vivace dibattito che si svolge attraverso una serie di memorie e relazioni presentate tra il 1792 e il 1798 all’Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Padova da parte di Ippolito Pindemonte (1792), Melchiorre Cesarotti (1795 e 1798), Luigi Mabil (1796) e Vincenzo Malacarne (1796). Fautori nel loro complesso del modello informale – e però intesi anche a dimostrare la priorità dell’Italia nella sua ideazione – questi interventi furono poi quasi tutti raccolti e pubblicati in un volume di Operette di varj autori intorno ai giardini inglesi ossia moderni (Verona 1817); qui ora riproposto con l’aggiunta del “discorso accademico” del Malacarne (Saluzzo 1795), così da restituire nella loro totalità le voci un dibattito che avrà poi esiti concreti nel Veneto di primo Ottocento, con il conformarsi alla moda inglese dei celeberrimi giardini paesaggistici disegnati e realizzati dal padovano Giuseppe Jappelli.