Durante il Primo conflitto mondiale, l’intrattenimento della popolazione civile in guerra risulta una priorità per le autorità militari degli Imperi centrali, che mobilitano ogni risorsa, anche artistica, per creare consenso e per dominare il crescente malcontento causato dalla fame e dalla miseria. Trieste, ponte culturale dell’Impero austro-ungarico, diventa un prezioso caso di studio per ripercorrere in modo inedito quattro anni e mezzo di guerra.
In questi anni gli oltre trenta Theater-Kino-Varieté, ovvero spazi teatrali convertiti alla cinematografia tedesco-danese in ascesa, assorbono la grande distribuzione cinematografica viennese e berlinese, prima linea di un’ampia guerra culturale in cui il monopolio e le “serie” cinematografiche diventano i presupposti dell’epopea dello star-system tedesco, anche a Trieste. L’analisi interpretativa delle fonti e dei documenti mette in luce la funzione culturale prodromica di aspetti quali l’intermedialità (tra letteratura di consumo, stampa, cinema, teatro e moda), l’impresariato femminile e la filoitalianità di alcuni imprenditori cinematografici piccolo-borghesi, rappresentativi dei problemi legati al passaggio all’amministrazione italiana dopo il 3 novembre 1918.