Questo libro è frutto di una ricerca indipendente sull’editoria italiana tra le due guerre, della quale viene analizzato un settore minuscolo ma non privo di importanza politica, religiosa e geografica. Questa seconda edizione è stata ampliata con l’aggiunta di ulteriore materiale trovato negli anni successivi al 2010.
La ricerca vuole essere semplicemente uno strumento in più a disposizione di quanti, oggi e probabilmente ancora per decenni, si dedicheranno allo studio e all’interpretazione della storia di un Paese che non è mai stato troppo lontano (sotto molti punti di vista) dall’Italia: un Paese che da oltre un secolo presenta questioni e problemi di non facile soluzione e che, anzi, col tempo sono diventati sempre più difficili e intricati.
L’analisi dei testi pubblicati in Italia riguardanti la Palestina ai tempi del Mandato Britannico evidenzia, al di là di ogni ragionevole dubbio, che i problematici rapporti di convivenza (o addirittura l’impossibilità di una civile convivenza) non sfuggivano a quasi nessuno di coloro che in quegli anni – cioè da subito dopo la disgregazione dell’Impero ottomano alla fine della Prima guerra mondiale – si recavano in Terra Santa o comunque ne esaminavano l’esistenza e le problematiche a questa connesse. Se la complessa realtà palestinese, resa ancora più complessa dal modo ondivago e miope in cui gli inglesi gestivano il mandato che si erano fatti affidare dalla Società delle Nazioni, non sfugge a nessuno degli autori, solo una parte di essi vi accenna apertis verbis, e le considerazioni sono intrise di pessimismo.Violentemente a sfavore di uno Stato ebraico “à la Herzl” sono tutti gli autori di stretta osservanza cattolica, laici o consacrati che siano. Increduli, perplessi e scettici sono i cattolici non praticanti, ottimisti o noncuranti i pochi autori ebrei italiani. Quanto all’antiebraismo, al quale sfuggono davvero in pochi, è possibile osservarne la trasformazione in antisemitismo quasi di anno in anno, con una brusca accelerazione a partire dalla metà degli anni Trenta.
L’autrice lascia agli storici di mestiere il compito di trarre teorie e conclusioni di stampo geopolitico e sociologico, ampliando e completando quanto già efficacemente scritto da Renzo De Felice, dai suoi allievi, dai suoi detrattori e da quanti comunque si rifanno ai suoi pionieristici studi sul rapporto tra gli ebrei, gli italiani e la Palestina nel periodo fascista.