C’è chi si sente un burattino in balìa del proprio corpo e fra depressioni
e malinconie straccia e ricuce la propria identità; qualcuno ragiona
sulle parti utili e inutili del proprio corpo: certe ne scarta, altre ne tiene.
Chi cerca parole nuove per nuove rappresentazioni; chi fa un passo avanti
e poi, deluso, rintraccia nei pensieri i termini primi di un discorso sul genere
che parte dai ricordi dei familiari che, prima di altri, lo hanno voluto maschio
o femmina. Chi non sa esattamente cosa vuole, eppure gli basta poco
per esser felice: un corpo, un nome, un destino da scrivere. Bambini,
adolescenti, adulti, tutti si interrogano in modi personali e singoli sul genere,
sulla sua origine, sulle sue variazioni, sulle possibilità di essere in qualche
modo soggetti più attivi di scelte su cui la maggior parte delle persone
non si interroga.